mercoledì 12 dicembre 2007

Federico Magellano e il quartiere d'Oriente

Tra strafalcioni e smanie nobilitatrici. Lasciando da parte i salti improvvisi di via Nilde Iotti che si sposta per tutta Modica, sarebbe interessante capire invece perché il Dente è stato ribattezzato Quartiere d'Oriente. Nulla di male, se non fosse che si trova ad occidente... Al Comune hanno forse perso la bussola? Qualche saputello vi accuserà probabilmente d'ignoranza, citando una chiesetta con una statua della Madonna d'Oriente che con il trascorrere del tempo, corrompendo la toponomastica, ha dato il nome all'intero quartiere. Madonna d'Oriente, 'U 'Renti. Italianizzato impropriamente in Dente. Qualche nostro amministratore, invece di preoccuparsi di cosa accade in quel quartiere (scempi edilizi, discariche a cielo aperto) avrà pensato che il toponimo Dente fosse troppo plebeo e avrà deciso di nobilitarlo provocando uno strano effetto schizofrenico. Ma tant'è. Non è il primo caso di sciatteria toponomastica a Modica. Basta osservare la cartellonistica stradale per rendersi conto del pressappochismo imperante: anche se a volte il sorriso che sorge viene sostituito dall'indignazione.


Via "Federico" Magellano a Marina di Modica


"Frigentini", cartello fotografato nei pressi di Rosolini (Sr)


"Cave" d'Ispica: rotatoria sulla SP 32

lunedì 26 novembre 2007

Sensazionale scoperta archeologica

Cunicoli. Scavati nella roccia per consentire ai soldati o ai sacerdoti di raggiungere, non visti, il castello e la cittadella fortificata arroccati sulla rupe. Di essi si favoleggiava da tempo, ma nessuno li aveva mai visti. Adesso una sensazionale scoperta archeologica potrebbe rivoluzionare la storia locale e aprire inediti scenari sull’assetto urbanistico della città in epoca seicentesca o addirittura anteriore. In un locale adibito a magazzino, adiacente alla scalinata che conduce al castello dei conti, tra la chiesa di San Pietro e la chiesetta rupestre di San Nicolò inferiore, recenti lavori di sistemazione hanno portato alla luce un arco murato nella parete.


Una volta rimosse le pietre che ostruivano l’arco, il proprietario Vincenzo Bonini, 73 anni, ex docente della scuola di avviamento, e i muratori che stavano provvedendo alla sistemazione del locale, si sono trovati di fronte una grotta naturale ampliata artificialmente, che fa da raccordo tra due cunicoli: uno sale verso il castello, l’altro scende parallelamente alla Via Grimaldi. Al vasto ambiente scavato nella roccia si accede, come detto, da un arco a tutto sesto di pregevole fattura, realizzato con conci di pietra locale da maestranze evidentemente qualificate. La grotta è parzialmente riempita di terra e materiali di risulta, ma procedendo carponi è possibile raggiungere il cunicolo che sale verso il castello.



Si tratta di un passaggio sotterraneo, dalla forma quadrata, largo all’incirca un metro e cinquanta centimetri e alto un metro e ottanta. Sulla destra, all’ingresso del cunicolo si trova una nicchia scavata nella pietra che serviva probabilmente da porta-torcia. La pavimentazione del cunicolo è costituita da gradini ricavati nella roccia, parzialmente ricoperti da terra e detriti. Il passaggio sotterraneo, percorribile per un paio di metri, è si interrompe davanti ad un muro di pietre e terra.

Ma non v’è dubbio che, oltre quel muro, il passaggio sotterraneo continui ancora. Meno agevole, invece, è il percorso verso il cunicolo che scende, a causa del forte dislivello e della possibilità che i materiali di risulta depositati nella grotta franino verso il basso. È chiaro che solo una campagna di scavo condotta dalla soprintendenza potrà confermare le varie ipotesi sulla natura e sulla funzione di questi passaggi sotterranei. Dalle prime indiscrezioni, sembrerebbe però trattarsi della via d’accesso alla città antica arroccata intorno alla rupe del castello.

Giovanni Criscione


giovedì 8 novembre 2007

E poi dicono che non si fa cultura

Perché in fondo l’amministrazione comunale ama i suoi cittadini. Ne cura gli interessi, ne sprona le velleità artistiche e culturali. Capita spesso di vedere in calce ad un libro pubblicato da un autore locale la frasetta di circostanza “edito con il contributo dell’Assessorato...”: un giusto contributo che ogni Comune illuminato dovrebbe dare ad opere meritevoli di essere divulgate.

Capita meno spesso tuttavia che il suddetto Comune, invece di limitarsi ad un centinaio di euro per la stampa, decida di destinare mille euro del proprio magro bilancio per l’acquisto di cento copie del volume in questione.

Capita anche questo a Modica.

Ma è bene fornire nomi e dati, affinché il nostro non sia solo un esercizio di retorica. Spulciando tra le tante carte prodotte dell’amministrazione comunale si trova una determina del sindaco, la n. 1241 del 8/5/06, che dava mandato di impiegare mille euro per l’acquisto di cento copie (cento!) del libro di Domenico Pisana, Salvatore Quasimodo tra gloria ed oblio. Tale mandato non fu esitato solo per un errore procedurale, non certo perché qualcuno tra i consiglieri si fosse chiesto quale motivo avesse l’amministrazione per sperperare in maniera così bislacca i soldi dei propri cittadini.

Poco male, Piero Torchi non demorde e ritenta. Con una nuova determina, la n. 2487 del 5/10/07, il sindaco dà nuovo mandato per l’acquisto del suddetto volume come stabilito nella 1241/06. E aggiunge pure la motivazione: "preso atto della validità culturale del libro, e per l'apprezzabile lavoro di analisi dei testi poetici, lettere discorsi sulla poesia, e per l'interessante carteggio tra Quasimodo e La Pira, da cui traspare la dinamica etico-spirituale dei due illustri personaggi iblei". Non avendo avuto il piacere di leggere il libro del prof. Pisana non so dire quanto sia attendibile questa motivazione... Mi rimetto pertanto alle capacità critiche del nostro sindaco.

La determina 2487 stavolta non incontra ostacoli procedurali: il Dirigente del Primo Settore emana un'altra determina, la n. 3138 del 26/10/07, con la quale approva la spesa per l’acquisto di cento copie (cento!) del libro suddetto e rimette il mandato di pagamento al capitolo 11208 del bilancio 2007. Sarebbe interessante capire cosa c’entri mai l’acquisto di un libro con la voce sotto la quale è stata ascritta la spesa, “Contributo regionale per lo sviluppo delle funzioni amministrative ed a titolo di sostegno allo sviluppo delle attività delle autonomie locali”.

Bah, misteri della pubblica amministrazione. Rimane da capire inoltre per quale motivo l’amministrazione abbia deciso di acquistare cento copie (cento!) del libro di Domenico Pisana sperperando denaro pubblico e scavalcando decine di fornitori e professionisti che attendono invano da anni il pagamento delle loro prestazioni. Non sappiamo, e gradiremmo pertanto una risposta dall’amministrazione.

Il fatto che il nostro sindaco Udc Piero Torchi abbia fatto acquistare al Comune cento copie del libro di Domenico Pisana, presidente dell’Udc di Modica, è chiaramente una casualità non degna di nota.

Fenicotteri e materassi

La notizia dell'avvistamento di un fenicottero presso il laghetto di Marina di Modica ha attirato tantissimi cittadini che, già a partire dallo scorso week end, si sono recati sul ponticello che supera lo specchio d'acqua per provare a vedere e magari fotografare l'insolito ospite. A parte pochi fortunati che hanno avuto come prima visione quella dell'elegante trampoliere intento a ricercare cibo nei bassi fondali di acqua salmastra, la maggior parte degli improvvisati birdwatchers, per lo più bambini accorsi con i propri genitori, appena affacciati dalle transenne del ponte, si sono imbattuti in uno spettacolo triste e poco edificante.


Materassi, rifiuti delle attività agricole e materiale di ogni genere violentano il paesaggio che, seppur non integro a causa della cementificazione selvaggia presente già a ridosso degli argini, potrebbe ancora costituire un piccolo esempio di ecosistema naturale e diventare luogo di studio, di conservazione, di tutela e di laboratori didattici per gli studenti del città. Il comitato Fomenta auspica un immediato intervento di bonifica dei luoghi, da parte degli enti preposti, ma anche una maggiore attività di controllo e protezione. La sensibilizzazione e l'informazione dei cittadini, assolutamente carente se non assente in città, eviterebbe o comunque, ridurrebbe il ripetersi di simili situazioni.

Se il passaparola vale anche per i turisti "non umani" speriamo che il bellissimo esemplare di fenicottero non si sia accorto di tale degrado e che riporti, una volta raggiunto lo stormo, soltanto della pace e della tranquillità che contraddistingue la frazione marinara nella stagione autunnale.

Per il comitato Fomenta
Piero Gugliotta

giovedì 1 novembre 2007

Tetris, o dell'arte di edificare a Modica

Capita spesso nelle amministrazioni pubbliche un rapporto controverso tra teoria e prassi. Tra il dire e il fare. Tra una buona predica e una cattiva razzolata. Tra il tanto decantato patrimonio dell’Unesco, la salvaguardia della città e gli interessi di qualche imprenditore. Ma l’economia gira con noi, come sappiamo, e non dobbiamo indignarci troppo se il territorio circostante villa Cascino, al quartiere Dente – ora nobilitato in “Quartiere d’Oriente” – sia stato organizzato con tecniche ad incastro degne di un giocatore di Tetris. Edifici su edifici, palazzi su palazzi... In questo caso tuttavia non si tratta di un edificio vecchio, costruito negli anni in cui il patrimonio urbanistico della città era maltrattato da imprenditori rampanti con la complicità di amici all’interno delle istituzioni.


Si tratta di otto villette a schiera costruite proprio a ridosso di villa Cascino. Immediatamente sotto il costone roccioso.







Dal momento che la ditta costruttrice lavora dietro regolare concessione edilizia mi chiedo come sia possibile che il Comune abbia rilasciato una simile concessione con tanta facilità: si tratta di un piano di lottizzazione praticamente in centro che consterà di otto villette a due piani, con ingresso in curva, a ridosso di un costone roccioso nonché di un bene appartenente al patrimonio urbanistico della città quale villa Cascino. E non sono certo che il panorama godibile dalla villa sarà lo stesso dopo la costruzione di questo complesso residenziale. Non si era parlato di maggiore rispetto per il territorio e per la sua storia? Ecco cosa può accadere in una città come Modica che non possiede un piano regolatore.

Inutile prendersi in giro: Modica non possiede un piano regolatore degno di questo nome. Un piano regolatore dovrebbe fissare le linee di sviluppo della città, dare delle regole, porre degli argini affinché la crescita della città sia regolare e quanto più possibile armoniosa. Votare un piano regolatore che rappresenta semplicemente la fotografia della situazione esistente fatta di varianti approvate a colpi di maggioranza ed inserite talora “per dare una mano” all’imprenditore amico significa solo fare del male alla nostra città, soffocarne la crescita e condannarla ad un destino caotico ed invivibile.

lunedì 8 ottobre 2007

Haute couture e malcostume a Modica

Modica patrimonio dell’umanità. Modica città dalle cento chiese. Modica città natale di Quasimodo e Campailla. Modica culla del cioccolato. Modica capitale dell’alta moda italiana… Questa notizia suonerà nuova alle orecchie di molti: non tutti sanno che a Modica esiste uno dei più grandi indotti tessili d’Italia, con centinaia e centinaia, forse anche migliaia di sartorie sparse per la città. Tuttavia non preoccupatevi se, nonostante lo sforzo, non riuscite a visualizzare nemmeno una di tutte queste fiorenti attività commerciali.

Probabilmente perché, a parte un paio, a Modica di sartorie non ce n’è manco l’ombra. O meglio: tali sartorie esistono formalmente, ma basta recarsi in campagna, nei terreni in cui, sulla carta, dovrebbero sorgere le sartorie per trovare al posto di laboriosi artigiani del taglio e cucito tante graziose villette unifamiliari con giardinetto, barbecue e gazebo.





La campagna modicana violentata da gente senza scrupoli rappresenta il frutto di un malcostume che in questi anni sembra essere degenerato ampliandosi a macchia d’olio su tutto il territorio del Comune. Tutto grazie ad una intuizione furbesca, al solito lassismo della pubblica amministrazione e alla compiacenza di Uffici Tecnici che fingono di non capire cosa stia accadendo. Secondo la normativa vigente per costruire in campagna una casa di cento metri quadrati occorre un terreno di almeno 10.000 metri quadrati: sempre secondo la normativa però, in campagna si può costruire un locale a destinazione artigianale di cento metri quadrati in soli 3.000 metri quadrati di terreno, triplicando, in pratica, l’area edificabile.

Così basta presentare un progetto di uno o più locali artigianali, l’Ufficio Tecnico fornisce l’autorizzazione perché il progetto è perfettamente in regola con le normative vigenti e poi imprenditori con pochi scrupoli, una volta tirati su i pilastri, realizzano tante villette a schiera per la gioia di chi vuole passarsi lo sfizio della casa in campagna…

Ecco spiegato il proliferare abnorme di tanti piccoli cantieri nella campagna modicana. Inoltre non è un caso se si annoverano soprattutto destinazioni artigianali quali sartorie, fiorerie, laboratori di trasformazione alimentari – sembra vadano forte anche le toelettature per cani. Il motivo è presto detto. Un progetto per locale artigianale è decisamente diverso da un progetto per una civile abitazione: c’è un diverso solaio, una diversa suddivisione degli ambienti, una maggiore quantità di ferro da usare nella struttura artigianale, tante piccole differenze tecniche motivate dalla diversa destinazione d’uso. Il progetto di una sartoria o di una fioreria viene perciò preferito ad altri perché molto simile a quello di una casa, quantità di ferro compresa, in modo tale che la gente non abbia l’impressione di andare a vivere in un capannone.

Pazienza se l’imprenditore dovrà vendere a minor prezzo le villette perché sulla carta sono dei locali artigianali. Pazienza se l’acquirente avrà grossi problemi per ottenere il mutuo, soprattutto se non è un artigiano, e i tassi calcolati saranno quelli per un locale artigianale. Pazienza se il piano regolatore della città, ormai mummificato nonostante gli innesti delle varianti votate per favorire qualche amico imprenditore, prevedeva altro in quel territorio.

Direte: ma chi controlla? Difficile che avvengano dei controlli se questi non convengono a nessuno. Le imprese lavorano, gli imprenditori fanno affari, la gente si ritrova una casa in un luogo che la legge vieterebbe e magari ha pure la faccia di bronzo di chiedere l’illuminazione pubblica. Per non parlare del Comune, il quale si ritroverà con un gigantesco mucchio di soldi quando verranno istituite delle sanatorie per mettere in regola tutti questi finti locali artigianali. Alla luce di questi fatti, pensate davvero che qualcuno abbia interesse a far rispettare la legge?

mercoledì 19 settembre 2007

Un'occasione persa per stare zitto

È dovuta trascorrere tutta l’estate prima che il consiglio comunale di Comiso decidesse su un’idea peregrina e bislacca avanzata da uno sparuto gruppuscolo di cittadini. Siamo più o meno in democrazia, non lo nego, perciò è normale che anche le idee più strampalate ed ottuse abbiano il diritto di essere espresse. Salvo poi essere sonoramente bocciate. Sto parlando di una petizione “popolare” presentata il giugno scorso dal presidente dell’associazione Marenostrum Pasquale Puglisi e sottoscritta da poco più di cinquecento persone che chiedeva di cambiare il nome all’aeroporto “Pio La Torre” inaugurato tra mille polemiche l’aprile scorso. Motivo? Secondo la petizione si è scelto “…un nome che ha una precisa connotazione politica e che rischia di affossare, già nella fase iniziale, l’aeroporto che sarà operativo da qui a qualche mese”. Inoltre “…Pio La Torre, pur essendo una figura emblematica per la storia siciliana, non ha diretta attinenza con Comiso”.

Fin troppo facile smontare questa petizione che denota la totale ignoranza della storia recente e, forse il fatto più grave, della storia della propria città e delle figure emblematiche che l’hanno caratterizzata.

Se Pasquale Puglisi voleva polemizzare contro l’inaugurazione di un aeroporto in cui non c’è ancora praticamente nulla si accomodi pure, avrà il mio appoggio. Ma che non si permetta di mettere in mezzo ad una discussione sterile – come tutte le discussioni tra politici – la figura di un eroe siciliano quale Pio La Torre. La petizione afferma che la scelta di Pio La Torre ha una precisa connotazione politica… Ma di cosa stiamo parlando? Vogliamo essere seri? D’accordo, è stato un deputato del Partito Comunista, ma guardare solo alla tessera di partito di Pio La Torre significa non aver capito davvero nulla della sua storia personale. Parliamo di un uomo che per primo nel 1972 presentò in Parlamento una proposta di legge che introduceva il reato di associazione mafiosa ed una norma che prevedeva la confisca dei beni ai mafiosi: tutto ciò quando ancora molti politici siciliani negavano l’esistenza stessa della mafia come struttura verticistica criminale. Parliamo di un uomo che amava la propria terra e che non si tirò mai indietro, che lottò sempre per la libertà della Sicilia e dei siciliani dalla mafia e che per questo fu ucciso nel 1982 insieme a Rosario di Salvo. Non era un politico votato alla causa del proprio partito, era prima di tutto un uomo

E poi scusate, qualcuno vorrebbe cortesemente spiegarmi il motivo per cui questo nome “…rischia di affossare, già nella fase iniziale, l’aeroporto…”? Cosa significa, che la gente che vota centrodestra o i mafiosi eviteranno di usarlo perché è intitolato ad un uomo che va contro le loro scelte politiche o di vita? Non capisco. Infine l’espressione che più mi ha urtato: “…Pio La Torre, pur essendo una figura emblematica per la storia siciliana, non ha diretta attinenza con Comiso”.

In questo caso si può solo rispondere con una sola frase. “Stai zitto per favore”.

Vorrei solo ricordare a Puglisi e ai cinquecento firmatari della petizione che nel 1981 Pio La Torre fu alla testa di una delle più grandi manifestazioni di protesta popolare contro la costruzione della base militare americana di Comiso e contro i missili Cruise che la Nato aveva deciso di spostare proprio a Comiso. Pio La Torre raccolse centomila firme solo in provincia di Ragusa, centomila, e un milione di firme in tutta la Sicilia, un milione di firme su cinque milioni di abitanti.

E questo sarebbe un uomo che non ha attinenza con l’aeroporto di Comiso?

Adesso che la vecchia base Nato è stata riconvertita in aeroporto civile non pensate che sia la naturale conseguenza di ogni cosa intitolare l’aeroporto all’uomo che più di tutti lottò affinché la Sicilia non diventasse il centro militare del Mediterraneo? Io dico di sì, ma evidentemente c’è chi ha una visione talmente limitata del mondo che preferisce guardare alle tessere di partito piuttosto che al valore di un uomo.

Millenni di storia, anni di degrado

Sabato 15 settembre il Comitato per i diritti del cittadino e il Comitato spontaneo Fomenta hanno simulato una visita nei dintorni della testata settentrionale del parco archeologico di Cava Ispica per portare all'attenzione di Comune e Sovrintendenza le tante situazioni di degrado, abbandono e scarsa attenzione in cui versa l'area, specialmente in prossimità dei siti di maggiore importanza.



Già a cominciare dalla poca chiarezza rispetto alla gestione di tali siti: ad esempio, non è stato possibile capire se possono essere visitati i ruderi della chiesa bizantina di San Pancrati e se la visita rientra nel costo del biglietto; nella biglietteria non esiste un avviso, un cartello che informi su cosa è compreso nel costo del biglietto, per non parlare di materiale informativo (cartine, guide etc) completamente assente. Provando a raggiungere dalla strada la chiesa di San Pancrati il gruppo è stato accolto da uno spettacolo poco edificante, con cumuli di rifiuti e sterpaglie proprio all'ingresso e sotto la tabella che dovrebbe indicare, se solo fossero leggibili, la datazione e il nome.



Continuando la visita nella direzione della importantissima tomba a finti pilastri di Baravitalla, ci si imbatte in un area, lontanamente somigliante ad un parcheggio, invasa da vegetazione e rifiuti, con a fianco i servizi igienici ai quali, lo sventurato turista che dovesse trovarsi ad averne bisogno, potrebbe accedere soltanto se dotato di decespugliatore o di machete; i residenti riferivano che all'interno nulla è rimasto dei sanitari e di tutto ciò che costituiva i servizi igienici. Non basterà certamente il tentativo di rimandare a passate gestioni ed amministrazioni, visto che i lavori iniziarono nel 1989 e, a quanto pare non sono mai stati conclusi o collaudati, a giustificare la situazione attuale.



Seguendo un cartello che invita con delle freccette a raggiungere la tomba di Baravitalla e il percorso archeologico, gli improvvisati "turisti amanti dell'archeologia", scoprono che il percorso che porta alla tomba è completamente invaso dalla vegetazione, mentre non c'è assoluta evidenza dell'inizio del percorso archeologico. Diversi sacchi contenenti spazzatura maleodorante da giorni e giorni giacciono sotto la tabella indicante, con una freccia, il fantomatico inizio del percorso. Provando a cercare l'ingresso del percorso, i partecipanti all'iniziativa scoprono che, senza alcuna indicazione di pericolo o di divieto, a pochi metri la strada termina a causa del crollo di un ponte, avvenuta circa 5 anni addietro. La pericolosità di tale situazione e la superficialità con la quale viene ignorata, suscita indignazione e sconcerto, anche perchè fa a pugni con un nuovissimo impianto di illuminazione pubblica a pannelli solari che illumina un'area di poche centinaia di metri proprio prima del ponte. Ci si chiede quale sarà stato il criterio per la scelta di tale sito da illuminare visto che c'è solo una abitazione e che tutto il contesto è nelle condizione prima citate. Attorno al ponte crollato è stato possibile, oltre che avvertire effluvi maleodoranti, scorgere rifiuti di ogni tipo, dalle carcasse di animali, a polistirolo e rifiuti dell'agricoltura, frigoriferi etc.



La visita si conclude cinquanta metri oltre il ponte, dove il gruppo viene attirato da una montagna di rifiuti di ogni tipo, dietro la quale è possibile scorgere, quasi completamente ricoperta da finocchio selvatico, la tomba di Baravitalla, i cui finti pilastri sembrano volersi, comunque, imporre allo squallore del paesaggio circostante.



FONTE: Fomenta - Comitato spontaneo di cittadini

Postilla al post: il blog aveva già posto l'attenzione su questi fatti (clicca qui) ma allora le istituzioni avevano ignorato il problema.

Gira, vota e furrìa

Sorpreso dal risultato democraticamente bulgaro delle scorse elezioni, non c’è che dire. Inutile parlarne a mesi dal risultato – assolutamente legittimo e legittimato, per carità. Non discuterò nemmeno di alcuni casi insoliti anche perché il problema dei modicani non è quello dell’informazione…

Non è vero che la gente non sa: basta scambiare quattro chiacchiere in un bar, parlare con un amico o un parente per venire a sapere di chi ha promesso qualcosa (un lavoro, un’autorizzazione, un avanzamento di carriera) in cambio del voto. Con nomi e cognomi.

Un dato di fatto, che nessuno tuttavia ha l’interesse a denunciare veramente perché altrimenti la festa finirebbe per tutti. La gente sa, solo che non gliene frega nulla di come accadono alcune cose in questa città: l’importante è farsi i fatti propri, ottenere i propri squallidi privilegi e mandare a quel paese la propria dignità di cittadino dotato di pensiero articolato.

Non parlerò delle scorse elezioni anche perché sarebbe inutile. A noi modicani piace lamentarci per poi continuare a votare, e a votare sempre le stesse teste di palazzo. Tuttavia non posso mancare di notare una strana coincidenza. Avendo letto i programmi del centrosinistra, della Guarino e di Carpentieri, curioso notare come questa amministrazione stia cercando di applicare alcuni punti dei propri avversari politici. Forse il centrodestra, non avendo mai presentato un programma alla città e avendo ipnotizzato i propri concittadini con una tavoletta di cioccolata ha pensato bene di raccogliere alcune idee dei propri avversari e spacciarle per proprie.

Ma tant’è: non esiste il diritto d’autore sui programmi elettorali, l’importante è che la città diventi migliore o almeno più vivibile. Però diamine, leggeteli bene i programmi altrui, non limitatevi a scimmiottarli!

Così per il numero da chiamare per far ritirare a casa propria i rifiuti ingombranti: perché metterlo solo sui cassonetti della differenziata e non su tutti i cassonetti? Quante centinaia di euro in più sarebbero potuti costare gli adesivi per tutti i cassonetti?
Così per i gazebo d’informazione turistica… Mettetene qualcuno in più visto che a parte mangiare, bere e dormire ai turisti non diamo alcun servizio degno di questo nome.
Così per il nuovo piano del traffico. Questa amministrazione è riuscita incredibilmente dove altre avevano fallito. Peggiorare la viabilità, già terrificante, del comune di Modica. Mettere qualche senso unico non significa fare un piano del traffico, significa solo far girare in tondo noi poveri cittadini senza capire il motivo di queste grandi manovre, significa far imbestialire i cittadini che dall’oggi al domani vedono stravolti i percorsi abituali senza che questo, da solo, migliori la viabilità.

Durante la passata amministrazione non si è fatto nulla per migliorare una viabilità disastrosa. Adesso si finge di migliorarla, ma non ci vuole molto a capire che ancora una volta ci stanno solo prendendo per i fondelli… Scrusciu ri carta e cubbaita nenti.

FONTE: Il Lunatico


Tanto rumore perché nulla cambi

Le scorse settimane, in merito alle situazioni di degrado e di mancanza di decoro in cui versano molte zone della città, specialmente in prossimità dei siti per il conferimento degli rsu e della raccolta differenziata, l'Assessore all'ecologia Nino Giarratana, ha rilasciato una serie di dichiarazioni nelle quali, con toni acuti e altisonanti, addebitava le responsabilità a gravissimi atteggiamenti da parte di alcuni operatori ecologici "imboscati" e "raccomandati" che cercavano, addirittura, la protezione e l'impunità da parte di non ben definiti patronati politici. Non vogliamo entrare nel merito di tali pesanti dichiarazioni, altri lo hanno fatto ed altri ancora, probabilmente, lo faranno, bensì riportare l'attenzione sulla realtà denunciata da alcuni residenti del quartiere di San Giovanni e che aveva poi portato i media locali ad allargare l'obiettivo su tutta la città.

Abbiamo provato a fare un giro e ci siamo subito resi conto che nulla è cambiato e che la città versa in uno stato pietoso, anche in zone centrali e frequentate da turisti. Spesso il nostro comitato si è occupato di questa problematica e, pertanto, vogliamo provare, in pochi punti, a dare un modesto contributo alla comprensione del fenomeno di degrado urbano e dell'emergenza rifiuti in generale:

- manca l'informazione e la sensibilizzazione sulla raccolta differenziata e su come conferire i rifiuti; poco e niente è stato fatto in questa direzione: sarebbero necessari spot televisivi, manifesti, cartelloni pubblicitari, depliant informativi, insomma niente di trascendentale. Qualcosa del genere si è vista, per pubblicizzare le opere "promesse e mantenute" dall'amministrazione, e questo dimostra che è fattibile;

- le campane o meglio i contenitori, vengono svuotati poche volte e spesso i cittadini sono costretti a lasciare fuori i rifiuti o a peregrinare da un contenitore all'altro nella speranza di trovarne uno non pieno. Andrebbe, quindi, aumentata la frequenza degli svuotamenti;

- i baristi e i ristoratori più sensibili provano a fare la raccolta differenziata, per lo più del vetro, ma magari non potendo permettersi di lasciare incustodite le attività per molto tempo si limitano a portare nelle vicinanze dei contenitori i cartoni con le bottiglie; è, pertanto, evidente che manca ed è indispensabile una raccolta diretta presso queste attività commerciali che producono grandi quantità di rifiuti differenziabili: far passare una moto-ape con un operatore almeno una volta al giorno comporterebbe un aumento notevole ed immediato della raccolta differenziata, un enorme risparmio per il minore conferimento in discarica e non si alimenterebbero le situazioni di degrado e le mini discariche attorno ai contenitori (vedi San Giovanni). Proviamo ad immaginare lo stesso servizio per i cartoni, la plastica, il polistirolo e tutti quei prodotti di scarto degli imballaggi. Proviamo pure ad immaginare aree di raccolta e di conferimento, ad esempio per cartoni e polistirolo, a disposizione di tutti i cittadini e non solo dei commercianti. Lo scatolone e il polistirolo del televisore o del computer, piuttosto che gli imballaggi dei mobili appena acquistati, spesso sono un problema per il cittadino che non sa dove andarli a buttare e che certo non può tenerseli in casa. Migliaia di chilogrammi di rifiuti che non andrebbero in discarica, centinaia di migliaia di euro risparmiati e materie prime recuperate;

- manca una buona informazione sul servizio di raccolta a domicilio degli ingombranti, dei durevoli, di televisori, computer, stampanti, di sfalci e potature etc etc, insomma di tutti quei rifiuti che ritroviamo spesso in pieno centro e continuamente nelle strade di periferia e nelle campagne. Moltissimi di questi rifiuti vanno a finire in discarica mentre potrebbero essere recuperati e costituire una risorsa. Basterebbe potenziare il servizio e farlo sapere ai
cittadini. Chi sarebbe così fesso da faticare per mettere in macchina il frigorifero o pagare un autotrasportatore per andare poi a scaricarlo in giro, rischiando una multa e il biasimo della gente, quando con una telefonata potrebbe risolvere il problema? Veramente pensiamo che i cittadini sono incivili e pure scemi?

- manca un serio controllo su tutte quelle attività commerciali che sono obbligate a conferire i loro rifiuti tramite consorzi, vedi riparatori di elettrodomestici, gommisti, officine etc etc. Quante volte ci capita di vedere batterie, pneumatici, televisori, abbandonati in giro per la città e nelle campagne e spesso in quantità considerevoli, segno che qualcuno del settore se ne libera in tutta tranquillità;

- manca, infine, una seria politica di riduzione dei rifiuti, che educhi i cittadini, a partire dalle scuole, al riuso e al riciclaggio dei beni e solo alla fine del loro ciclo vitale, al conferimento differenziato. Solo se ridurremo la quantità di rifiuti prodotti, potremo pensare di cominciare a risolvere il problema.

In conclusione, a Modica, così come in tutta la provincia, non sarà certo una discarica a salvaguardare il territorio da emergenze "campane", ma solo l'attivazione di tante misure come quelle appena citate e di tante altre ancora ipotizzabili, prima tra tutte una seria e convinta raccolta differenziata con incentivi e sgravi per i cittadini che la praticano. Se i nostri amministratori si ostineranno a non comprenderlo, avviata la prima discarica, dopo due o tre anni arriverà la seconda e poi la terza e così via fino a trasformare tutto in un grande immondezzaio. Al bluff dei termovalorizzatori, poi, solo i più ingenui e qualcuno in malafede continuano a crederci. All'Assessore Giarratana suggeriamo di urlare forte e chiaro per richiedere l'avvio di tutto questo all'amministrazione di cui fa parte e vedrà che questa volta nessun cittadino si offenderà né tanto meno protesterà. Non basteranno, certo, le dichiarazioni forti o il ping pong di responsabilità a risolvere il problema e a mascherare la realtà.












FONTE: Fomenta - Comitato spontaneo di cittadini

mercoledì 18 aprile 2007

Modica, bene dell'umanità... Ma non troppo!

Modica, bene dell’umanità… Ma non troppo. La nostra città nota per la storia millenaria, le bellezze paesaggistiche ed architettoniche, deve purtroppo fare i conti con l’inciviltà di alcuni modicani e con la totale noncuranza dell’amministrazione che permette tali scempi. Non lontano dal corso Umberto I, salendo le scale che portano al Dente, lo scenario cambia radicalmente: da perla del barocco la città si trasforma in discarica a cielo aperto.

Tutta questa zona è riconosciuta dal Comune come “centro storico” ed è per questo che gli abitanti del quartiere non possono apportare modifiche alle loro abitazioni senza regolare progetto, attenendosi comunque alla sobrietà di cui deve godere un centro storico. Vico Gennaro sembra invece sfuggire a questa logica, quasi come fosse zona franca: rifiuti di ogni genere (carcasse di auto comprese) che non hanno nulla da invidiare ad una vera discarica a norma.



Siamo nel XXI secolo, ma per diventare persone civili bisogna fare, purtroppo, ancora tanta strada.

Salvo Mandarà

Quando la proprietà pubblica diventa privata

Documentare il disinteresse per i cittadini mostrato da questa amministrazione sta diventando quasi una preoccupante quotidianità: ci riferiamo stavolta ad una strana metamorfosi accaduta ad un immobile di proprietà comunale che sembra ormai, di fatto, essere diventato proprietà privata. A Modica Alta, scendendo lungo la suggestiva via Castello possiamo notare, sulla destra, una cancellata di ferro arrugginita chiusa alla bell’e meglio con un lucchetto ed una catena altrettanto arrugginita. Si tratta dell’entrata secondaria di un vecchio complesso ormai in disuso la cui entrata principale insiste su via Raccomandata.

L'ingresso secondario del complesso in disuso

Lo spazio, di proprietà comunale, versa in uno stato di totale abbandono. Comprensibile e legittima la preoccupazione degli abitanti del quartiere, i quali temono che l’erba, una volta seccata (nessun operaio comunale ha mai scerbato il vialetto d'ingresso), diventi un possibile focolaio d’incendi: soprattutto d’estate, quando per innescarne uno basta un mozzicone di sigaretta buttato distrattamente.

Il vialetto in totale stato d'abbandono


Ancora il vialetto d'ingresso

Considerata la posizione favorevole del complesso – posto tra il Castello e la casa natale di Quasimodo, un percorso quasi obbligato per ogni turista –, l’immobile potrebbe essere facilmente recuperato dal Comune e con poca spesa adattato a punto d’informazione turistica comprensivo di servizi igienici pubblici, creando occupazione e fornendo un servizio utile ai turisti che decidano di visitare la nostra città.

E invece no. Anzi, le testimonianze di alcuni abitanti del quartiere rivelano particolari incredibili.

Approfittando dello stato di abbandono in cui versa il complesso il proprietario del terreno attiguo ha pensato bene di aprire un varco sul muro che separava la sua proprietà da quella pubblica e di utilizzarla come prolungamento della propria. Come fosse la cosa più naturale del mondo, il proprietario del terreno attiguo ha anche posto lungo il muro di “divisione” un recipiente per l’acqua con un tubo di gomma che ha il compito di trasportarla al di là del muro. Dunque, una sorta di dependance a spese della pubblica amministrazione dove coltivare fiori o far passeggiare i propri cani: ma poco importa dell’utilizzo che ne viene fatto dal privato.


Il varco evidenziato dal cerchio rosso


Il recipiente dell'acqua evidenziato dal circoletto rosso e il tubo
per l'acqua evidenziato dalle frecce

Importa invece che la polizia municipale sia intervenuta per un sopralluogo velocissimo e abbia incredibilmente dichiarato che non sembra esserci nulla di anomalo in questo atto. Importa che in seguito ai numerosi solleciti degli abitanti del quartiere – i quali hanno mostrato grande coscienza civica – nel corso di quasi due anni nessuno abbia mosso un dito per verificare la legittimità o meno delle loro denunce. Importa la leggerezza delle istituzioni, il loro disinteresse: incredibile come un privato possa usurpare in maniera così semplice ed indolore uno spazio che dovrebbe appartenere a tutti i cittadini della nostra città.

venerdì 13 aprile 2007

M'illumino d'immenso (coi soldi degli altri)

L’illuminazione delle campagne modicane, portata a termine in fretta e furia prima delle prossime elezioni amministrative, ha avuto in molti casi una distribuzione sospetta. Un esempio che desideriamo portare all’attenzione riguarda contrada Baravitalla, nello specifico la presenza di cinque lampioni d’illuminazione pubblica in zona Marchesa che servono una sola abitazione.

No, non è un errore di battitura quello che avete appena letto.

Cinque costosi lampioni d’illuminazione pubblica a pannelli solari pagati con i soldi di tutti i cittadini modicani servono ad illuminare una sola casa: eccola.

I cinque lampioni a sinistra evidenziati dai cerchi rossi e la casa in questione a destra, indicata dalla freccia

Chi abiti in quella casa non è dato sapere, ma non si può negare che simili scelte da parte dell’amministrazione siano sospette. Perché proprio quella strada? Perché illuminare solo il tratto di strada antistante quella casa e non l’intera via su cui insistono altre abitazioni? È vero che quella è un’area archeologica ma ciò non giustifica in alcun modo la presenza dei lampioni perché:

  1. Non esiste sulla strada principale alcuna tabella che indichi la presenza di un’area archeologica;
  2. Il ponte (detto ra Marchisa) che univa i due versanti della cava, è pericolante da quasi quattro anni, inagibile e mai più riparato;
Il ponte ra Marchisa, inagibile e a rischio crollo da quasi quattro anni
  1. La realizzazione di strutture turistiche non è mai avvenuta e quel poco già fatto è stato abbandonato all’incuria e alla mercé dei vandali;

La solita discarica abusiva



Quelli che un tempo furono i servizi igienici


L'ingresso ai servizi igienici ostruito da folta e rigogliosa vegetazione

  1. L’accesso alle testimonianze archeologiche di quella zona è impossibile a causa dell’erba alta e fitta;

L'ingresso del vialetto che porta alla tomba a finti pilastri detta del Principe


Particolare del vialetto che conduce alla tomba, inaccessibile

  1. Infine, è altamente improbabile che i turisti visitino Cava Ispica di notte.
“A pensar male si fa peccato però spesso s’indovina” recita un famoso motto del cardinal Richelieu. Noi non vorremmo pensare male: eppure è facile avere il sospetto che la politica del favore a Modica abbia dato i suoi frutti ancora una volta.

martedì 13 febbraio 2007

Il Polo Commerciale: analisi di un equivoco linguistico

Errore comune negli amministratori di ogni colore politico è quello di scambiare il concetto di ricchezza con quello di sviluppo. Pensare che i soldi portino necessariamente crescita sociale. Ritenere che la ricchezza di pochi possa fungere da traino per l’intera comunità. L’economia gira con te recitava una Pubblicità Progresso di qualche tempo fa, e il medesimo disco rotto continua a girare sul piatto della politica locale.

Esiste un tabù nella nostra città, ed è quello del Polo Commerciale. Parlare male del Polo Commerciale significa essere bollati come nemico dell’economia modicana, significa attirare su di se gli strali inferociti dei negozianti e dei loro protettori politici… Desidero dunque, con questo breve appunto, rompere un simile tabù.

Dimentichiamo per un attimo di come questa zona sia cresciuta all’improvviso, senza alcuna regolamentazione, provocando l’innalzamento artificioso e la speculazione sui prezzi d’acquisto e di affitto dei locali commerciali. Dimentichiamo di come la mancanza di un piano regolatore abbia trascinato la vocazione commerciale della città lungo un’importante arteria di comunicazione quale la ex-115 inadatta ad assorbire e smaltire volumi di traffico così intensi – gli ingorghi chilometrici durante i fine settimana e le festività ne sono la prova. Dimentichiamo di come il Polo Commerciale abbia creato solo disagi agli abitanti dei quartieri limitrofi. Dimentichiamo di come l’intera zona manchi di aree verdi, piazze, luoghi di socializzazione, illuminazione specifica, parcheggi pubblici. Parcheggi inutili d’altronde, visto che al Polo Commerciale non esistono banchine per la circolazione pedonale e la gente coraggiosa che voglia passare a piedi da un negozio all’altro è costretta a camminare tra le auto in corsa. Dimentichiamo per un attimo di come la piccola impresa, la bottega, il negozietto siano stati spazzati via e l’intera economia cittadina stravolta in favore di investitori per lo più non modicani che si sono guardati bene dal reinvestire in città i capitali guadagnati durante questi anni. Dimentichiamo ogni cosa incalzati dal giustificazionismo diffuso secondo cui il Polo Commerciale dà lavoro. Il Polo Commerciale porta ricchezza. Il Polo Commerciale è un volano per l’economia locale.

Sembra che nessuno voglia accorgersi della lobby potentissima che i negozi del Polo Commerciale hanno formato, una lobby che esercita peso politico notevole nonché una concorrenza schiacciante nei confronti della piccola impresa: orari di lavoro ed aperture festive dovrebbero essere regolamentate in modo da salvaguardare anche il piccolo commerciante che non voglia piegarsi alle logiche della grande distribuzione. Concorrenza schiacciante, concorrenza sleale. Tanto i negozi del Polo Commerciale potranno contare su un esercito di schiavi e schiave sottopagati, sfruttati, umiliati con contratti capestro quando non pagati in nero… I ragazzi e le ragazze che vi lavorano.

Con questo non si vuole dire che ogni negozio del Polo sfrutti i propri dipendenti: certo è, però, che i casi di sfruttamento sono decine e che quasi sempre tutto ciò passa sotto silenzio. Sopportare ed abbassare la testa, incassare il misero assegno di trecento – quattrocento euro al mese e non poter protestare. Perché tanto se non si accettano stipendi da fame e per protesta ci si licenzia il datore di lavoro troverà decine di altre persone disposte a lavorare a quelle condizioni. Perché tanto chi decida di denunciare troverà il vuoto istituzionale e verrà lasciato solo nel disinteresse collettivo. Si capisce dunque di come l’unica azione possibile possa essere un controllo forte e continuo da parte delle istituzioni, che invece sembrano latitare: i sindacati sono assenti, la politica parteggia per i datori di lavoro in nome dell’economia cittadina e di uno sviluppo solo apparente.

Desolante la cecità e l’immaturità dei nostri amministratori. Difendere gli interessi economici di pochi piuttosto che tutelare i diritti dei lavoratori significa giocare irresponsabilmente con le vite di decine di ragazze e ragazzi e ipotecare il loro futuro alle logiche di mercato. Chiediamo il rispetto delle leggi vigenti. Chiediamo il rispetto del lavoratore. Chiediamo controlli reali da parte delle istituzioni preposte. Chiediamo la fine di apparentamenti politico-economici che gravano sul destino della città. Chiediamo solo che le ragazze e i ragazzi di Modica possano ancora sperare in un futuro.