sabato 20 novembre 2010

Inedite suggestioni etno-psichedeliche per Caruana Mundi al Cineteatro Lumière di Ragusa


Grande successo di pubblico ieri sera al Cineteatro Lumière di Ragusa per la presentazione di “Cucitore di tende”, l'album antologico di Caruana Mundi dedicato al poeta persiano Omar Khayyam; in sala anche l'artista milanese Marida Tagliabue che ha illustrato il booklet dell'album. Annunciato come un viaggio nel tempo e nello spazio lungo le rive del Mediterraneo il concerto ha svelato la grande capacità del gruppo di contaminare e di innovare anche le loro stesse creazioni.

È bene, infatti, non lasciarsi ingannare da facili classificazioni di genere quando ci si avventura sulle strade del progetto Caruana Mundi. Si deve assistere ad un concerto della band iblea per riuscire a comprendere le ragioni del loro sound irresistibilmente meticcio e dell'originale mix di culture che scaturisce dalle loro canzoni. Certo non si addice a Caruana Mundi l'incasellamento radiofonico del pop usa e getta, la tassidermia musicale che giustifica la bizzarria di un suono etnico solo attraverso rigidi luoghi comuni: coppole e “ciuri ciuri” per intenderci, con ensemble anche godibili ma ormai stanche rivisitazioni di un passato che si cristallizza in pose da cartolina incapaci di comunicare qualsiasi messaggio. Caruana Mundi ha saputo invece mescolare con grande sapienza, mestiere e un pizzico di civetteria suggestioni musicali, immagini e colori provenienti da tutto il mondo attraverso una visione mai banale o scontata.

Così può sembrare del tutto naturale che il cantante Giambattista Maria Rosso sembri essere uscito, con il turbante scuro, il fisico asciutto e la voce penetrante da una tenda beduina o che Stefano Meli possa suonare indifferentemente uno squillante charango o una chitarra elettrica dalle acide rifrazioni psichedeliche, oppure che il maestro Massimo Martinez si presenti in giacca con la chitarra classica per poi attaccare al collo un curioso mandolino elettrificato. Non ci si sorprende troppo se Ugo Rosso percuota il djembè con le bacchette o se ad un certo punto del concerto abbandoni la sua batteria in favore di un meraviglioso tamburo in pelle di cammello né se al passaggio tra un brano e l'altro il fitto tappeto percussivo lasci posto a sorprendenti citazioni “floydiane” asincrone. A completare il paesaggio sonoro il basso sapiente di Manuele Brachitta e le tastiere a tratti lisergiche di Andrea Sudano, nuovo acquisto di Caruana Mundi.

Dalla rumba alla taranta, passando per il rock d'autore e i suoni mediterranei i brani dell'album, riarrangiati per l'occasione, acquistano ancora più valore donando alla serata un'atmosfera sospesa fra tradizione e suoni di confine. I testi delle canzoni, infine, confermano la vocazione lirica della band che riesce ad essere profonda senza apparire appesantita da esasperazioni intellettualistiche.


Unica nota dolente di un concerto divertente e ben arrangiato va alla resa del suono live che in alcuni casi non ha reso giustizia alle sperimentazioni del gruppo e che in futuro dovrà essere curato con maggiore attenzione.


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